Il concetto e le pratiche di democrazia sono in costante divenire in tutto il mondo, per meglio rispondere ai bisogni di cittadinanza che derivano dai mutamenti delle società nei singoli Paesi. Negli ultimi decenni molti movimentisociali globali, così come diversi e numerosi studiosi, hanno spesso affrontato le sfide di questa forma di governo che, dibattuta sin dai tempi dei filosofi ateniesi, si è definitivamente consolidata, così come noi la conosciamo, con la nascita degli Stati modernidopo la Rivoluzione Francese. La domanda che spesso ricorre è se la democrazia–così come praticata -sia effettivamente la forma più adatta alle crescenti esigenze dei bisogni di rappresentanza dei singoli cittadini così come diintere comunità. Uno dei temi che inequivocabilmente ha attraversato il passaggio di secolo è stato quello della cosiddetta “crisi della rappresentanza”, intendendo con questa sia l’efficacia del rapporto tra rappresentanti e rappresentati sia le conseguenze che ciò comporta nel funzionamento delle istituzioni così come nella fiducia che i cittadini ripongono in queste.
Molti sono stati negli ultimi anni i processi di indebolimento delle pratiche democratiche:-il crescente fenomeno dell’astensionismo, sintomo di una sfiducia dicittadine e cittadini nella pratica della rappresentanza e nell’autorevolezza delle istituzioni, che ha prodottouna grave alterazionedell’idea del suffragio universale edelle proporzioni della rappresentanzastessa, a scapito quindi della rappresentatività dei rappresentanti; -il processo di selezione del gruppo dirigente politico che, a seguito della crisi delle forme tradizionali della politica, è oggi diventato un meccanismo sempre più oligarchico, in cui le decisioni di pochi ricadono su tutto il corpo elettorale;-il leaderismo politico, che porta a una personificazione dei partiti e all’indebolimento degli elementi di collettività nella proposta politica; -il fenomeno del populismo che, conformandosi ai processi di semplificazione della comunicazione politica, produce una traslazione anche nei contenuti della stessa.Èun dibattito che ha certamente molto a che fare con la qualità della democrazia e con la qualità della rappresentanza democratica, che avrebbe bisogno di una riflessione complessiva attenta e seria, che miri a ciò che in molti definiscono la “democratizzazione della democrazia”.
Tuttavia, invece che affrontare una riforma a tutto campo-sul versante della Legge elettorale, che colga e corregga le vere cause della crisi del rapporto tra cittadini e istituzioni, che riapra senza ipocrisie il tema dei costi della politica e del suo finanziamento-si preferisce la semplificazione demagogica,non agendo sui nodi qualitatividella rappresentanza politica ma sui suoi aspetti quantitativi. Questo il senso politico del referendum di modifica costituzionale che si svolgerà il prossimo 20 settembre.L’ARCI, come organizzazione della società civile e nella sua autonomia, ha sempre guardato con estremo interesse i momenti in cui le cittadine e i cittadini vengono chiamati a esprimersi nelle forme della democrazia diretta, a maggior ragione quando questi momenti dovessero produrre una modifica della nostra Costituzione Repubblicana, nata dalla resistenza e per noi stella polare è“via maestra”, da seguire e difendere. L’interpretazione che diamo al nostro agire, in qualità di corpo sociale intermedio, è quello di essere un soggettodiinfrastrutturazione sociale, che innerva e qualifica la democrazia con i processi partecipativi che promuoviamo ad ogni livello.Per tutto ciò ci sembra sbagliato voler procedere nella contrazione così significativa della rappresentanza parlamentare nel nostro Paese che, oltre a costituire un unicum in tutta Europa, contribuirebbe ad accentuare le debolezze di un sistema che ha bisogno di cura e di una profonda revisione, non certo di scorciatoie.La democrazia è la cura, e per questo invitiamo i nostri soci e simpatizzanti a partecipare al voto e votare per il NO al referendum.
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